Caterina: radio speranza.

Chi è Caterina?!?! O meglio sarebbe, cos’è “Caterina”!?

E’ una radio (che pensavate di trovare su un sito di radioamatori… HI!)

Per lavoro mi sono occupato di episodi della Seconda Guerra mondiale e qualche volta mi è capitato di avere sotto mano storie più o meno avvincenti, ma sicuramente tutte interessanti; e questa ne è un esempio. E’ tratta dal sito radiomarconi.it.

“Caterina” vede la luce nel campo di prigionia di Sandbostel, Germania, nel 1944, ad opera di alcuni ufficiali dell’ esercito italiano internati dopo i fatti dell’ 8 settembre 1943.

fonte: http://www.radio-caterina.org/images/Caterina-mg.jpg

Un piccolo inciso per chi avesse bisogno di spiegazioni. Tralascio tutta la storia di come siamo andati a finire nei campi di prigionia, però non posso tralasciare il fatto che i nostri soldati non erano prigionieri di guerra dei tedeschi, bensì IMI (internati militari italiani), figura non prevista né dalle varie Convenzioni di Ginevra, né da altri trattati internazionali, e quindi non sottoposta alla tutela/garanzia della Croce Rossa Internazionale. Insomma… i tedeschi trattarono i prigionieri italiani nel peggiore dei modi: senza cibo, senza cure, senza vestiti e costretti ai lavori forzati nelle industrie belliche del Reich…

E ovviamente contatti con l’esterno del campo assolutamente vietati, pena la fucilazione immediata!

I nostri si ingegnarono alla ricerca di idee e materiali utili alla costruzione di vari componenti. Il capitano Aldo Angiolillo e il tenente Oliviero Olivero idearono il circuito e costruirono i componenti necessari al funzionamento della ricevente, basata su una valvola (pentodo) di tipo 1Q5, portata nel campo di prigionia di nascosto dal tenente Martignago  che la imboscò all’interno di una borraccia.
Le bobine furono costruite con il filo di rame sottratto furtivamente dalla dinamo della bicicletta del postino tedesco. I condensatori? Con la stagnola dei pacchetti di sigarette! E le cartine diventavano il dielettrico, che si cercava di migliorare con la cera delle candele sciolta. Per le resistenze venne usata la grafite delle matite.

L’ingegno italiano però diede il meglio di sé per il discorso dell’alimentazione doppia necessaria alla valvola (basso voltaggio per l’ accensione del filamento e un’altra alimentazione per il circuito (anodica).
All’inizio l’alimentazione venne presa sfruttando l’illuminazione delle baracche: due sottilissimi fili nascosti venature del legno arrivavano fino ai fili della luce, e quando possibile, mediante due spilli collegati alle loro estremità, venivano conficcati nei conduttori.

Quando i tedeschi si accorsero dell’esistenza di una radio (forse a causa di una spiata da parte di qualche prigioniero attanagliato dalla fame in cambio di qualche cosa da mangiare) tolsero  l’ illuminazione dalle baracche degli italiani.

Ci vorrebbe una pila… Ed ecco la genialità!!!

La pila per il filamento venne costruita partendo da un rettangolo di zinco ritagliato dal rivestimento dei lavatoi, opportunamente sagomato a cilindro. Furono provati svariati tipi di elettroliti. Si provò con acidi presenti in infermeria e sottratti inventando le più acute forme di reumatismi e malesseri vari per farsi ricoverare. Vennero provati poi stracci imbevuti di ammoniaca ricavata dai pozzi neri. L’elettrodo positivo era il cilindretto di carbone di una vecchia pila esaurita. Per la ricarica della pila stessa si provvide legandola ad una gamba, sotto alla tonaca del Padre Cappuccino Luigi Grigoletto, meno sospettabile e non soggetto a perquisizioni, che si recava poi in infermeria con il pretesto di visitare gli ammalati.

La batteria anodica fu realizzata alternando monete di rame da 10 centesimi e dischetti di zinco dello stesso diametro, con interposta una garza imbevuta da liquido dei sottaceti (acido) avuti dai prigionieri francesi che erano assistiti dalla Croce Rossa internazionale e quindi godevano di un trattamento migliore a differenza degli italiani. In pratica la pila di Volta.

Come cuffia d’ ascolto venne usata una scatoletta di latta il cui fondo era stato sagomato per ottenere una membrana sensibile e all’ interno vi era collocato un magnete con del filo avvolto.
Il componente più importante però era il corpo del tenente Oliviero: che tenendo in bocca il filo d’ antenna e avvicinando ed allontanando un piede al pavimento portava il ricevitore in prossimità dell’innesco.

L’ascolto avveniva sempre tra le 21 e le 23 mentre il campo era senza luce e gli altri prigionieri dormivano e le notizie venivano lette al mattino successivo da due ufficiali (Capolozza e Pisani) i quali passavano poi il “resoconto” ai lager confinanti dopo averlo tradotto in inglese.

Nonostante le svariate perquisizioni, Caterina non fu trovata: era smontabile… Il variabile diventava un innocuo raschino per pulire, il contenitore diventava una scatola portaoggetti, appesa alle brande, l’ auricolare, una scatoletta portamonete e il gruppo bobine variometro veniva nascosto in una gavetta sotto scorze di patate.

In questo modo tutti i tentativi di scoprire Caterina furono sempre elusi e per più di 12 mesi questa fu l’ unica voce della verità e della speranza per migliaia di persone che oltre a vivere in condizioni precarie, erano anche all’ oscuro di ciò che accadeva nel mondo.

E forse la speranza data da Caterina ha permesso di tenere duro anche quando la disperazione pervadeva il cervello, e portava alla pazzia e alla voglia di farla finita.

Meditate gente… meditate

73 de IZ0RUP, Francesco

fonte immagini: http://www.radio-caterina.org/

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